LUNEDI’ 23 AGOSTO
Mi sveglio come mi ero addormentato: con il suono della fontana del lavatoio nelle orecchie. Mi sveglio con lo spirito felice e il pancino ancora pieno. Faccio colazione, bevo un caffè al bar e mi metto in cammino. Oggi faccio una piccola deviazione dal percorso originale del SI perché sembra che il CAI sposterà il percorso proprio per passare da qui, dal Rifugio Crosta, all’Alpe Solcio in Val di Vedro, paesaggisticamente più appagante e rimanendo in quota senza seguire più o meno parallelamente la strada provinciale nel fondovalle. La coppia di rifugisti mi accoglie all’arrivo con un buon caffè e una fetta di torta. Finalmente ci conosciamo, dopo esserci mancati per poco in Molise mentre erano in vacanza. Bello sapere che riescono a mantenere il rifugio aperto tutto l’anno. Con un sentiero di mezza costa molto panoramico su tutta la Val di Vedro giungo all’Alpe Ciamporino, dove ci sono gli impianti sciistici di San Domenico. Di nuovo proseguendo in costa, arrivo alla piana dell’Alpe Veglia, zona che già conosco ma che riesce a stupirmi per la prospettiva da questo sentiero mai fatto. Pranzo e faccio quattro chiacchiere con la ragazza al Rifugio Città di Arona. Riparto quindi in direzione Alpe Devero, salendo per pascoli fino all’Alpe di Valtendra e poi proseguendo per uno stretto sentiero costituito da roccia un po’ franosa che mi porta alla Scatta d’Arogna, un piccolo passo che introduce agli ampi pascoli dell’Alpe Devero. Scendo lungamente fino al centro abitato dove faccio un po’ di spesa all’Alimentari. Compro gli gnocchi ossolani, una ricetta tradizionale a base di farina di castagne e zucca. Mi incammino per Crampiolo, borgo che si può raggiungere solamente a piedi, a parte gli abitanti. Mi fermo all’Azienda Agricola “Albrun†per comprare Bettelmatt e yogurt e mi offrono anche una noce di burro per condirmi gli gnocchi. Mentre me ne sto andando dalla finestra dell’Albrun la signora mi chiama per offrirmi gentilmente anche un uovo al tegamino. Dopo essermi concesso una birra, decido di cucinare e trascorrere la notte al riparo di una tettoia, di nuovo in un lavatoio, questa volta a Campriolo.
MARTEDI’ 24 AGOSTO
Stamattina ho posticipato la sveglia di un paio di volte. Le giornate si accorciano e alzarsi con il freddo (5 gradi C) e l’unica luce delle stelle è decisamente più faticoso. Comunque riesco a partire prima delle 7 dopo una buona colazione con i prodotti a km 0 acquistati ieri. Parto verso l’Alpe Forno, dove l’Azienda Agricola Albrun ha la maggioranza delle bestie a pascolare, e successivamente verso la Scatta Minoia, dove il bivacco è stato recentemente ritrutturato. Posti incantevoli. Riconosco bene la Punta d’Arbola che svetta e la Cima della Rossa. Alla Scatta Minoia, ovvero il Passo che divide la zona del Devero dalla Val Vannino, è inoltre già visibile il Lago Vannino, sulle cui sponde sorge il Rifugio Margaroli. Mi fermo qui per la seconda colazione: un’ottima torta di pane e caffè. Una foto con il simpatico rifugista e si riprende, ora in salita, in direzione del Passo di Nefelgiù che raggiungo rapido, nonostante il ripido, in mezz’oretta. Da qui la discesa è lunga e monotona verso il Lago di Morasco che si supera passando più in alto, seguendo un sentiero panoramico sulla Valle del Toce e sulla Val Formazza. Avendo solo mezz’ora di tempo per raggiungere le cascate del Toce aperte a pieno regime, accelero il passo, attraverso in fretta Riale, incontro per caso una mia follower con la quale però non mi posso intrattenere a lungo, giungo in cima alle cascate, prendo il sentierino che arriva in fondo e mi godo lo spettacolo. Le cascate sono vero panico e paura. Bellissimo. Pranzo e riparto. Una lunga e noiosissima pista ciclabile asfaltata mi conduce a Fondovalle. Arrivo con i piedi stracotti, così prima di affrontare il salitone per il Passo della Foglia mi fermo a riposare approfittado per una merenda. La camminata è accompagnata da alcuni botti provocati dalla dinamite usata nelle cave del circondario. Quando arrivo in cima al Passo ho sopra la testa diversi nuvoloni che però secondo le previsioni meteo non dovrebbero portare temporali ma solo un po’ di pioggia in serata e quindi proseguo tranquillo per Grossalp, in territorio elvetico. Raggiungo il borgo walser di Bosco Gurin con qualche goccia di pioggia. Il paese è molto carino, con le case che rispettano l’architetura tradizionale, in legno e con i fienili sospesi. Purtroppo trovo la coop già chiusa e quindi sono costretto a cercare in un albergo un po’ di cibo per la colazione di domattina. Mi riparo in una cappelletta di fianco alla chiesa. Ceno con un risotto e una birra locale e mi stendo sfinito per un’altra notte nelle terre alte.
​​MERCOLEDì 25 AGOSTO
Mi sveglio e il cielo è ancora nuvoloso. La notte ha piovuto. Mi incammino subito dopo colazione e ai primi quattro passi nell’erba bagnata ho i piedi già umidi. Mi sento un po’ affaticato, il corpo non risponde come sono abituato, complice probabilmente il meteo avverso. Supero la frazione Campo, in Vallemaggia e la strada asfaltata e poi sterrata mi aiutano ad ingranare. Arrivo al confine italiano che non è delimitato da uno spartiacque come una cima o un passo ma di punto in bianco sul sentiero, a metà del vallone. Davvero anomalo. Nel vallone, fra alberi caduti, piccole frane, ghiaioni e sentiero non ben tracciato, mi tocca ravanare. Si comincia a salire al Passo della Fria ma non riesco ad esser veloce come vorrei, devo rimanere concentrato per non perdere la traccia. A metà salita mi fermo al bivacco di Corte Rossa per pranzare e riposarmi una mezz’oretta. Riparto poi tranquillo, senza spingere. Poco sotto al Passo comincia il tunnel della Fria, una lunga galleria che forse serviva di collegamento in caso di neve. Lo attraverso, è illuminato, alimentato con pannelli solari. Sbucato dall’altra parte, una breve discesa mi conduce al Lago di Matogno e all’Alpe Lago. A questo punto camminando su un sentiero poco battuto raggiungo Lago Gelato. L’ambiente è molto bello, fra ghiaioni e pietraie ma non certo agevole. Girata una curva mi trovo davanti un branco di cinque stambecchi, poco abituati alla presenza dell’uomo, iniziano a fischiare. Da qui una lunga discesa faticosa, ancora poco segnata. Fatta merenda risalgo verso la Forcola di Larecchio e ci arrivo, finalmente fisicamente mi sento di nuovo a posto. Mi ritrovo davanti al Lago Panelatte, poco sotto i 2100 mt, mentre le nuvole basse creano una splendida atmosfera. Proseguo brevemente in discesa ed giungo alla Cappelletta che mi ospiterà per la notte, bella e spaziosa. Il rosso filtra tra le nuvole regalandomi un bellissimo tramonto. Ceno e sprofondo nel sonno.
GIOVEDì 26 AGOSTO
Mi sveglio poco prima dell’alba, il cielo è arancione e sereno, nuvole basse sono radunate nel fondovalle. Mi lascio alle spalle la Valle Isorno ed entro in Val Vigezzo che ospita qualche impianto di risalita da sci. Scendo fino a Toceno e da qui una lunga mulattiera a mezzacosta fino a Re, un piccolo abitato al di là della valle che dopo una breve salita mi proietta in Val Cannobina, selvaggia e inforrata, morfologicamente difficile, con i suoi frequenti torrenti che obbligano entrando nelle vallette a diversi sali e scendi su gradinate di pietra, ponti e mulattiere. Allo stesso tempo però i numerosi borghetti e alpeggi sono ancora abitati e curati. Il percorso è stato prevalentemente in discesa ma arrivo a Cannobio alle 20, piuttosto tardi e molto stanco. Mi concedo così una cena in un ristorante lungolago festeggiando la metà dei chilometri da percorrere da quando sono ripartito dopo l’incidente. La località turistica toglie momentaneamente poesia al viaggio, con musica di sottofondo fino alle 2 di notte riesco comunque a trovare un luogo abbastanza appartato per riposare e trascorrere la notte.
VENERDì 27 AGOSTO
La notte è stata un po’ movimentata. Ho scelto un Parco per trascorrere la notte ma tra la musica diffusa da un locale sulla riva del Lago Maggiore fino alle 2 e il via vai di turisti il riposo è stato più breve del previsto. Comunque…Al mattino telefono subito ai ragazzi della canottieri di Reno con i quali avrei dovuto fare la traversata a remi. Sfortunatamente, l’alzarsi del vento nella notte rende il Lago, in questo momento, troppo mosso per essere attraversato con il tipo di barca a loro disposizione. Decidiamo così di temporeggiare sperando che le condizioni migliorino. Nel frattempo, cammino lungo la statale costiera verso sud, allo scopo di diminuire via Lago la distanza verso Maccagno, da 4 km a 2km soltanto. Le onde calano e gli amici canottieri partono da Maccagno, in Lombardia, per raggiungermi sull’altra sponda, in Piemonte. Salpo con i due ragazzi dello Sport Club Renese e remo di coppia mentre uno di loro rimane al timone. La traversata è veloce, un quarto d’ora circa. Attracco emozionato sulle rive di casa, con un comitato d’accoglienza composto da alcuni colleghi del Soccorso Alpino di Varese, mio fratello ed alcuni amici. Colazione alla nota pasticceria Cerinotti e dopo un’oretta abbondante di chiacchiere mi congedo. Faccio una spesa veloce al supermercato e pur di portare con me la Formaggella del Luinese, sono costretto a comprare la forma intera da 1 kg. Se ne vale la pena l’eccezione al peso in spalla è concessa. Mi durerà qualche giorno. Parto con mio fratello e passiamo Musignano, il piccolo abitato di Bassano, Monti di Bassano, il Lago Delio e arriviamo al Passo della Forcora, dove al Rifugio Sciovia Forcora ci aspetta Stefano, il gestore, che ci offre un tagliere di salumi e formaggi accompagnato da una birretta e la vista Lago. Saliamo al Monte Sirti, a 1343 mt e poi giù, scendiamo lungamente per la Val Veddasca superando Cangili di Biegno, Biegno e il piccolo abitato di Piero, dove ho prenotato per le 19.30 una cena con amici e parenti. Conosco bene questa valle, mia nonna quasi 30 anni fa comprò una baita in cui ho trascorso le lunghe estati, libero di scorazzare e imparando a muovermi in montagna. Piero è caratteristico, abitato tutto l‘anno e raggiungibile solo a piedi o al massimo con qualche trattorino. Arriviamo con largo anticipo e ci concediamo quindi una birretta e quattro chiacchiere con la proprietaria dell’Agriturismo “Kedoâ€. La serata è bellissima. Tutti scendono a valle nelle proprie auto, io invece mi carico lo zaino in spalla e salgo a Monteviasco, bagnato dalla pioggia e con la pila frontale a squarciare il buio pesto. Ad aspettarmi al varco trovo Enrico e la Gisa, gli anziani vicini di baita che non se la sono sentita di scendere a piedi a Piero, dato che la funivia che dovrebbe servire il paese è chiusa da tre anni. Mi offrono una tisana e parlando tiriamo mezzanotte e mezza. Poi, doccia calda, lavo due vestiti e mi metto a dormire felice.
SABATO 28 AGOSTO
Parto da Marchirolo un po’ in ritardo ma in scioltezza, dato che conosco a memoria questi sentieri. Passare in mezzo al borgo durante questo lungo viaggio è una grande emozione, sono legato intimamente a questo luogo, qui ho imparato a vivere la montagna. Fa quindi un po’ di tristezza percorrere il sentiero a mezza costa che fa il giro della Val Viaschina, valletta laterale della Val Veddasca, constatando lo stato di abbandono in cui versa la Valle e i suoi alpeggi. Superando faggete e peccete entro in Viasco che essendo raggiungibile in auto è invece abitato. Da una vecchia mulattiera raggiungo l’Alpone, il vecchio alpeggio di Curiglia che ospita ora seconde case e un rifugetto. C’è un po’ di fermento perché la sezione locale del Cai ha organizzato una polentata per domani. Faccio qualche foto e proseguo per Pradeccolo, sotto il Monte Lema. A metà strada mi incontro con due amici che ieri non sono riusciti a partecipare alla cena, insieme arriviamo a Pradeccolo dove ci fermiamo per una seconda colazione e una pausa. Ripartiamo e dopo qualche chilometro proseguo da solo per il bel Sentiero degli Alpeggi, posti sopra Curiglia e Dumenza. Sceso a Creva, piccola frazione di Luino, mi incontro con il presidente del Cai di Luino con il quale condivido un boccone e una birra e una lunga chiaccherata sul mio viaggio e ovviamente i rapporti con il “Cai centraleâ€. Riparto in salita arrivando in cima al Monte Sette Termini, cima forse un po’ sottovalutata. Proseguo poi fra le fortificazioni della Linea Cadorna, il cui nome ufficiale è peraltro “Offensiva Avanzata Frontiera Nordâ€, raggiungendo la Chiesetta di San Paolo, un paio di chilometri sopra Marchirolo. Stavolta ad attendermi è Beno, editore della rivista valtellinese “Le Montagne Divertenti†e trasferitosi nel luinese, il quale mi sta dando visibilità con un paio di pagine su ogni numero in uscita. Mentre Beno finisce di scattare qualche foto arriva anche Giulia, la mia compagna, tornata oggi dalle ferie col dispiacere di non essere riuscita a partecipare alla cena al “Kedoâ€. Con lei scendo a Marchirolo e insieme ai nostri coinquilini e a Beno e la sua compagna Gloria ceniamo in pizzeria. Altra bella serata in compagnia! Accettiamo l’invito di Beno a casa sua per la notte, che abita lì vicino e una tisana, un giro d’amari e una doccia calda posso di nuovo trascorrere la notte in un letto.
DOMENICA 29 AGOSTO
Parto molto tardi rispetto ai miei standard ma d’altra parte passando vicino a casa era inevitabile che mi dovessi incontrare con gli amici. Mi aspettano un paio di giorni di camminate molto noiose, diciamo che se l’Italia non conquista il Canton Ticino per guadagnare un po’ di Alpi ci toccherà sempre passare a basse quote e sulle Prealpi. Da Marchirolo prendo una strada sterrata che conduce al bel abitato di Marzio e da lì al Monte Piambello, da cui si gode una buona vista sul Lago Ceresio e le montagne del Ticino. Mi fermo a osservare il Sass di Boll, un suggestivo masso erratico. Da qui scendo a Cuasso al Monte e poi Porto Ceresio, dove si stanno svolgendo delle gare di canottaggio con gli atleti dello Sport Club Renese, che mi hanno insegnato a remare. Mi incontro con Mattia, un mio collega tecnico del suono, il quale mi offre un pranzo. Con lui e suoi due amici ci incamminiamo poi sulle pendici del Monte Orsa e trascorsa un’oretta mi lasciano solo. Dalla vetta del Monte Prabello, con bella visuale sul Ceresio e sul Ticino, continuo fra le trincee della Linea Cadorna. Da Viggiù a Cantello, purtroppo, mi tocca proseguire sulla strada asfaltata e da Cantello salgo al Colle di San Maffeo dove mi attende un gran pic-nic con gli zii. Mi butto a dormire stanco, dopo una serie di notti che dormo poco.